La stanchezza della luce non è sonno della ragione e quei
“mostri” sono gli indigeni di nuovi mondi da scoprire.
Avvertire la presenza di labili ombre, riconoscere gesti smarriti e sguardi distratti che hanno una forza sorda, smorzata, gutturale, capace di colpirci e di graffiarci (dentro). E poi rimanere storditi da quel magma allucinante che implodendo schizza i suoi lapilli altrove, dove l’abbandonarsi ad un intenso e fragile incontro diventa un piacevole gioco di scoperta.
Ecco ciò che vedo: la genesi di organismi multiformi, umani, animali, vegetali con scheletri armoniosamente sghembi, o grassi con masse debordanti; oppure esseri filiformi, ossuti e sgonfi, sostenuti da una delicata architettura di membra flosce.
A tutte quelle cose che nascono dall’ascolto di un lieve sussurro.
A quelle creature “inoperose” che si fermano a leggere, a pensare e progettare una impalcatura capace di contenere dimore che poggiano su fondamenta che si sorreggono in quell’attimo in cui il respiro si sospende.
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